12.
Spazzatura

Il giorno dopo era una bella giornata di sole. Le notizie sui giornali sembravano decisamente buone: lo sciopero dei netturbini era stato revocato e, a partire da quella stessa notte, Parigi non sarebbe più stata la città lurida e maleodorante degli ultimi giorni.

Annette e Fabò incontrarono la signora Barduchon nell’atrio del palazzo, che parlava con Victor.

— Buongiorno, ragazzi!

— Buongiorno, signora Barduchon!

— Victor...

— Giovani Gaillard...

Anche il burbero postino sembrava stranamente di buon umore. La sua bicicletta era appoggiata contro il muro, appena sotto le cassette delle lettere.

— Qualche novità? — domandò Annette.

Gli altri due si guardarono.

— In realtà ci sono novità, sì — disse Victor rivolgendo il suo naso affilato verso Annette.

— Ne stavamo giusto parlando — spiegò la signora Barduchon.

— Non teneteci sulle spine!

— Accidenti alla scuola — protestò Fabò. — Perdiamo sempre metà della giornata rispetto agli altri!

— Oh, guardate che non sono, novità così eclatanti... — ridacchiò la signora Barduchon. — Tranne per la faccenda del flan alle tre besciamelle.

— E cioè?

— Cioè la signora Barduchon è diventata amica di Lisette Monet.

— E chi diavolo è Lisette Monet?

— La portinaia del signor Deloffre.

— E come avete fatto a diventare amiche?

— Oh, è stato facilissimo. Come tutte le donne, Lisette ha un uomo da accontentare. E, come tutte le donne sanno, c’è un unico modo per arrivare al cuore di un uomo: la buona cucina.

Annette e Fabò si scambiarono un cenno di approvazione. Era quello che cercavano di dire sempre alla mamma, ogni volta che vedevano il papà tornare a casa stravolto e sedersi a tavola davanti a qualche microscopica verdurina bollita.

— Così... per puro caso... e sottolineo caso...

Annette ridacchiò.

— Ho fatto in modo di incrociare Lisette mentre usciva a fare la spesa.

— E come ha fatto a incrociarla per puro caso?

— Basta chiedere ai postini... — spiegò Victor. — Sanno sempre quando la portinaia è al lavoro e quando non lo è. E il motivo è molto semplice: se c’è la portinaia, tu le consegni tutta la posta del condominio e lei la divide nelle singole cassette. Se non c’è, devi farlo a mano, e perdi almeno dieci minuti.

— Quindi, signora Barduchon, lei è andata a fare la spesa insieme a Lisette...?

— Esatto e... accidentalmente, ho cominciato a parlare di Deloffre... dicendo che avevo letto di lui sul giornale... e lei ovviamente ha voluto dire la sua, ed è stata al centro dell’attenzione per un quarto d’ora buono. Poi, quando siamo uscite dal negozio, io ho accennato al mio flan alle tre besciamelle... lei mi ha fatto qualche domanda... io le ho passato la ricetta per filo e per segno... l’ho accompagnata in rue Charlot... e le ho fatto qualche domanda a mia volta —. Pausa. — E indovinate che cosa ho scoperto?

— Non ne abbiamo la più pallida idea.

La signora Barduchon si chinò per sussurrare all’orecchio dei ragazzi: — Il giorno dell’avvelenamento, verso le cinque e mezzo, un postino con i baffi ha consegnato a Deloffre un pacco speciale, dalla confezione azzurra. Lisette gli ha detto che non era sicura che il signor Deloffre fosse in casa, ma lui ha insistito per salire a consegnarglielo personalmente, al quarto piano.

— Un postino, ha detto?

— Un postino con i baffi — puntualizzò la signora Barduchon.

— E questo è impossibile! — esclamò Victor.— Perché è Jacques Testapelata che serve rue Charlot. E, che io sappia, non ha i baffi. Non ci sono postini con i baffi fino al diciannovesimo arrondissement!

Fabò fece schioccare le dita. — Lo sapevo che Deloffre non c’entrava niente! È chiaro che questo tizio è un falso postino!

— È quello che abbiamo pensato anche noi. Ma non significa niente.

— Già... almeno fino a quando non scopriremo chi è — puntualizzò Annette.

— E, soprattutto, cosa conteneva il pacco — aggiunse il fratello.

— Credo che, di questo passo, la polizia lo abbia già scoperto — osservò Victor.

— Potreste provare a chiederlo a vostro padre, questa sera — suggerì la signora Barduchon. — In ogni caso, adesso fareste meglio ad andare a casa, prima che vostra madre si preoccupi perché siete in ritardo per il pranzo!

 

— Annette! — quasi urlò Fabò, mentre lui e la sorella stavano finendo di sparecchiare la tavola. La mamma era già tornata al telefono e stava rispondendo una marea di «sì», «certo», «no», «non credo proprio» a uno sconosciuto all’altro capo della linea.

— Cosa succede? — urlò di rimando Annette. — Mi hai fatto venire un colpo!

Il fratello la prese per un polso. Era chiaro che aveva avuto una delle sue pensate. — Annette! Il pacco!

— Che cosa?

— Forse la polizia non l’ha ancora trovato... Forse non è più in casa di Deloffre!

— Fabò, che cosa stai dicendo?

— Guarda! —. Il fratello prese un foglio di giornale dalla tavola e lo piegò davanti agli occhi della sorella. — Fai finta che questo sia il pacco.

— Non è un pacco: è la pagina della cultura del giornale, e quando la mamma vedrà che cosa ne hai fatto si arrabbierà moltissimo.

— Annette, per piacere, segui il mio ragionamento. Questo è il pacco che contiene... non sappiamo ancora cosa. Ci sei?

— Ci sono — sbuffò Annette sedendosi a tavola.

— Io sono Deloffre. Prendo il pacco, lo apro... e guardo cosa contiene.

Fabò mimò il gesto di posare un oggetto inesistente sul tavolo.

— Ora... io ho un’idea di cosa ci fosse in quel pacco... ma te la dico dopo. Perché la cosa interessante è: che cosa succede al... —. A questo punto Fabò accartocciò il giornale in una palla e la strinse in mano. — ...pacco vuoto?

— La mamma si arrabbierà MOLTISSIMO...

Fabò sbuffò. Aprì un’anta della cucina, tirò fuori il cestello della pattumiera e ci buttò dentro il giornale appallottolato.

Voilà.

Voilà che cosa, Fabò? Dove vuoi arrivare?

— Semplice, il pacco in questione è finito nella spazzatura e io ho sentito Pasquiat dire che la spazzatura non si trovava più in casa. Qualcuno l’ha buttata via.

— Quindi...

— Quindi il pacco non è più in casa di Deloffre.

— Perfetto. Allora è finito in strada e gli uomini del papà lo hanno trovato... Punto.

— Io non ci scommetterei. Stai sottovalutando due cose. Primo: l’incaricato dell’ispezione era Pasquiat. Secondo: c’è lo sciopero dei netturbini e Pasquiat si sarà trovato di fronte a una muraglia di pattume! Te lo vedi che va a frugare in una montagna di rifiuti?

— No, decisamente no. Anzi, assolutamente no!

— Brava, ora ci sei.

Un lampo attraversò gli occhi di Annette. — Ehi! Ma lo sciopero dei netturbini non è ancora finito!

— Già. Lo hanno appena detto alla televisione.

— Ma allora...

— Allora preparati a tapparti il naso!

 

Un paio d’ore (e una decina di telefonate) dopo, Lalou, Annette e Fabò stavano rovistando tra i bidoni di rue Charlot armati di guanti di lattice alti fino al gomito. La vecchia Due Cavalli del figlio della signora Barduchon era parcheggiata di traverso davanti a loro, per nasconderli almeno un po’ alla vista dei passanti.

— Bleah!

— Mamma mia!

— Che puzza!

— Ci credo che Pasquiat ha lasciato perdere...

— Sì, ma noi dobbiamo fare meglio — disse il figlio della signora Barduchon, guardandosi continuamente intorno. — Dobbiamo essere veloci e scientifici.

— Veloci lo capisco, ma scientifici che vuol dire? — domandò Fabò.

— Date un’occhiata a questi mucchi di spazzatura — li esortò Barduchon, indicando la massa maleodorante che si trovavano di fronte. — La maggior parte è composta da quei grandi sacchi neri che si usano nei ristoranti o nei negozi.

— Ok, escludiamoli — annuì Annette, metodica come al solito.

— Alcuni sono troppo lontani dal portone di Deloffre. Quindi, a rigor di logica, non resta che... quello! — disse il giovane Barduchon indicando un piccolo mucchietto di sacchi più piccoli e di colori diversi.

Descrizione: D:\Documenti\Libri\Nuova cartella\P.D Baccalario A.Gatti I Gialli di vicolo Voltaire [ Un Bicchiere di Veleno]_119.jpg

— E anche lì ce ne sono alcuni troppo grossi per essere di una persona che vive da sola — considerò Lalou.

— Giustissimo. Non ci resta che prendere gli altri dichiarò il figlio della signora Barduchon aprendo il bagagliaio.

Alla fine, i sacchi che superarono l’attenta selezione dei ragazzi furono sei.

— Così, bravi! Buttate i guanti, mi raccomando! E ora a bordo!

I ragazzi saltarono sui sedili: Lalou davanti e i due Gaillard dietro.

Il figlio della signora Barduchon fece rombare il motore della vecchia Citroën, muovendosi nel traffico cittadino come se niente fosse. — Ci vorrà un anno prima che vada via questa puzza — si lamentò sorridendo ai suoi nuovi “colleghi”.

 

Un quarto d’ora dopo, i detective di vicolo Voltaire allinearono i sacchi sul tavolo da lavoro del negozio d’antiquariato. Si erano di nuovo muniti tutti e quattro di guanti.

— Per individuare quale di questi sacchi contiene la spazzatura del signor Deloffre, occorre procedere con metodo scientifico — dichiarò il figlio della signora Barduchon fissando i sacchi come se fossero stati reperti archeologici da studiare. — Sappiamo che a Deloffre piacciono le ostriche, e l’ultimo giorno in cui ha potuto riempire la spazzatura, prima di essere arrestato, è stato visto acquistare una confezione di salsicce. Che cos’altro sappiamo?

— Nella scatola che abbiamo recuperato alla tipografia c’erano due confezioni di mentine Fresholettes... — disse Annette. — Forse Deloffre le mangiava abitualmente...

— Fumava?

— No.

— Quindi nessun pacchetto di sigarette. Fabò era stufo di tutte quelle spiegazioni e, senza dire una parola, aprì il primo dei sacchetti. Ci trovò dentro una montagna di barattolini vuoti di yogurt e passò al secondo.

— Fabò! — lo richiamò il figlio della signora Barduchon. — Fai attenzione! Rischi di compromettere la nostra analisi... È di vitale importanza che...

Dentro il secondo sacchetto c’era un involucro di cartone azzurro. Fabò lo afferrò con i guanti e lo estrasse. — La portinaia ci ha detto che il pacco del finto postino era azzurro. Secondo me, è questo.

Annette, con il naso arricciato, infilò una mano guantata nello stesso sacchetto tirandone fuori una piccola scatola verde.

— Mentine Fresholettes! — esclamarono Lalou e la signora Barduchon all’unisono.

Le reazioni furono concordi. Concordi ed entusiastiche.

— Allora deve essere il pacco!

— Certo che lo è!

— Grande Fabò!

Gli occhi del giovane Barduchon si illuminarono di una luce tutta speciale. — Vai a chiamare gli altri... — sussurrò. — Ci vediamo tutti nello studio verde tra mezz’ora al massimo!

I gialli di vicolo Voltaire - Un bicchiere di veleno
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